venerdì 10 gennaio 2014

Risveglio.




Molti la chiamano illuminazione.
Io preferisco usare una parola più simile all'originale: la chiamo risveglio.

Illuminazione non mi piace troppo per una questione grammaticale.
Può essere intesa in due diversi modi, a seconda di come si preferisce e questo crea confusione.
Puoi vederla in forma attiva: io mi illumino.
Ma anche in forza passiva: io sono illuminato.

Nel primo caso sono io che mi illumino, lo faccio da solo, è opera mia, ma il fatto che mi illumini, presuppone il fatto che prima di ora sia stato costantemente nelle tenebre.
Sempre.
Nel secondo caso qualcuno mi illumina, al contrario di prima non è opera mia, non lo faccio da solo. Qualcuno dal di fuori mi da luce. La mia condizione non è merito mio, ma dipende da qualcun'altro. Non è farina del mio sacco, proviene da fuori,

Il risveglio presuppone che stavi dormendo, si, ma c'é stato un tempo in cui non la fecvi e tutto era chiaro, quanto poi è stato scuro.
Il risveglio presuppone che lo hai fatto tu.
Ti sei risvegliato.
Anzi, presuppone che se non lo fai con le tue forze, a nulla possono valere gli sforzi di altri risvegliati.
La parola, buddha, è il participio passato di un verbo che ha un significato di tipo riflessivo:
Io sveglio me stesso
Io mi sveglio
oppure
Io prendo coscienza, la prendo, Io, non me la fanno prendere.
Quindi è opera mia ma il mio sonno non era una condizione naturale.
La condizione naturale è essere svegli.
E' dormire che è innaturale.
La condizione naturale degli esseri umani è avere coscienza, essere svegli.
Lo eravamo prima di addormentarci, lo siamo di nuovo una volta risvegliati.
Il nostro sonno equivale alla perdita di coscienza.
Equivale al fraintendimento.
Equivale ad una conoscenza falsa.
Equivale a prendere per vero ciò che lo è solo per convenzione.

Quindi svegliarsi è andare controcorrente.
Rompere.
Tagliare.

Ma allo stesso tempo
Tornare.
Svegliarsi.
Essere.

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