mercoledì 24 aprile 2013

Il coraggio di essere se stessi

  U.G.: È assurdo chiedere a se stessi la domanda "Chi sono io?" Questa è diventata la base dell'insegnamento di Ramana Maharishi. "Chi sono io?" Perché fate questa domanda? Questo significa che c'è un altro io che voi volete conoscere. La domanda per me è completamente priva di senso. Il fatto che voi facciate quella domanda dimostra che ci sono due entità. Un io che indaga, ed un altro io che è indagato. La domanda "Chi sono io?" implica che c'è un secondo io di cui non conoscete la natura, e che volete conoscere. Prima di tutto cosa conoscete di voi stessi? Ditemelo. D: Le cose che questo "io" sa.
 
U.G.: Quello che è stato detto: dove vive, qual'è il suo nome, quanto spende ogni mese, il suo numero di telefono, le persone che ha incontrato, quante esperienze ha fatto nel corso dei suoi 30 anni, tutti i libri che ha letto, e via dicendo. Questo è tutto ciò che si può dire. Egli può ripetere meccanicamente tutte le informazioni che ha raccolto e le esperienze che ha collezionate. E questo è tutto ciò che c'è là. Perché non siete soddisfatti di ciò, e cercate qualche altra cosa? Potete dirmi qualche cosa di voi stessi oltre le informazioni che avete acquisito?
 
D: Quello che ho scoperto è che non ci sono risposte. Se ci fossero, le domande dovrebbero finire.
 
U.G.: Cosa hai scoperto? D: Solo nozioni, solo conoscenza.
 
U.G.: Quella domanda, quella domanda idiota, è nata dalla conoscenza che avete già. È la conoscenza che è in voi che vi fa chiedere la domanda "Chi sono io?"
Voi volete sapere, ed attraverso questo la conoscenza, che avete già, si rafforza. State ingigantendo la vostra conoscenza. Se ci fosse realmente qualche cosa da conoscere, ciò metterebbe fine a tutto ciò che sapete. Attraverso la domanda e la ricerca delle vostre risposte state solo accrescendo la vostra conoscenza. Non percepite l'assurdità della domanda "Chi sono io?" Non considerate chi vi ha consigliato quella domanda, chi ve l'ha suggerita. Non c'è nulla lì da conoscere. Quello che c'è, è l'insieme delle vostre esperienze. Se questo insieme non è presente, non c'è necessità per voi di conoscere nulla.
 
D: Ma "Chi sono io?" non è realmente una domanda. È un indicatore.
 
U.G.:  Si. Cosa ti indica l'indicatore? Va bene, se è un indicatore, tu cosa fai? Stai lì ed invece di muoverti nella direzione indicata resti fermo e ti succhi il dito che indica. Cosa fai con quell'indicatore? D: La domanda indica che non c'è nulla da indicare. Ti porta dove le parole non hanno più senso.
 
U.G.:  D'accordo, la domanda stessa è una domanda senza senso. D: Si. Ma è il solo modo che abbiamo di usare la domanda. U.G.: Va bene anche se la usi come indicatore, la direzione è sbagliata.
 
D: Non è neanche giusto chiamarlo un indicatore.
 
U.G.: Va bene, cos' è allora?
 
D: Esso ti mostra che sei. Ti mostra quell' "io sono". "Io sono" è  la base di tutto.
 
U.G.: Ciò che sono è la conoscenza che io ho di me stesso.
 
D: Quell' "io sono" è ciò che sono.
 
U.G.: Cosa significa "ciò che sono?"
 
D: Non significa nulla ?
 
U.G.:  Si, nulla.
 
D: "Io sono" non è conoscenza!
 
U.G.: Non c'è niente lì, non c'è un' esistenza indipendente dalla domanda.
 
D: Così è la fine della conoscenza.
 
U.G.: La domanda dovrebbe finire. Perché la domanda stessa è nata dalla riposta. Altrimenti non c'è posto per nessuna domanda di nessun tipo. Tutte le domande sono nate dalle risposte che avete già. È idiota chiedere qualche cosa di cui sapete già la risposta. Perché non ci possono essere domande, se non esistono le risposte. Quella domanda implica che c'è qualche cosa circa quell'io che non sai e vuoi conoscere, -- qualche cosa oltre l'io che è già lì.  Implica che c'è un' altro "io".
 
D: Su un certo livello è vero. Si può anche dire che se fai una domanda, conosci la risposta.
 
U.G.: Questo è giusto. Non ci sono domande. Non ci possono essere domande senza la conoscenza. Tutte le domande nascono dalle risposte che avete già. Questa è la ragione del perché una domanda di quel tipo, sia che voi la poniate a voi stessi o a qualcun'altro, non ha bisogno di risposte. La risposta ad una domanda è la fine della domanda.
La fine della domanda indica la fine delle risposte che voi avete già . Non solo le vostre risposte, ma anche le risposte che sono state accumulate per secoli devono andarsene. La richiesta di ottenere una risposta per una data domanda, ad ogni livello -- c'è solo un livello non ci sono altri livelli,-- implica che colui che fa la domanda, non vuole che la conoscenza finisca.
 
D: Questo è vero. Ma naturalmente nel processo di questo ...
 
U.G.: Deve succedere ora, non alla fine di un processo, perché il tempo non esiste. Lo strumento che voi usate, che è il flusso della conoscenza, non vuole finire. Questo è il perché pone la domanda a se stesso sapendo molto bene che la domanda esisterà assieme alla risposta. Questa conoscenza, che è lo strumento che voi state usando, non conosce e non può concepire la possibilità che qualche cosa succeda fuori dal campo del tempo, perché essa è nata nel tempo, e funziona nel tempo. Sebbene progetti uno stato di assenza di tempo, non vuole accettare il fatto che possano accadere cose fuori dal campo temporale.
La domanda implica che c'è la richiesta di una risposta, e quella risposta può solo essere nel tempo. Ed è nel tempo che questa conoscenza trova le sue possibilità di sopravvivenza.
 
D: È vero ciò che dici. Comunque la domanda "Chi sono io?" non  appartiene al tempo.
 
U.G.: Si ma ogni cosa che è nata nel tempo ........
 
D: È solo uno stratagemma. Sono d'accordo con te. U.G.: È vero. Ogni cosa nata nel tempo, è tempo. La domanda stessa è tempo.
 
D: La domanda non è nata nel tempo. U.G.: Da dove viene allora?
 
D: Nasce dall' "io sono."
 
U.G.:  Quell'assunto stesso è tempo -- quell'"io sono".
 
D: "Io sono" è un assunto? U.G.: Naturalmente è un assunto -- c'è qualche altra cosa là oltre questa conoscenza. Quello che c'è là, è solo conoscenza.
 
D: Quando dici, che le domande nascono dalle risposte che ci sono già con "risposte che esistono già" intendi qualche cosa come la  definizione psicologica della "mente"?
 
U.G.: Non so ... Per me non esiste la mente per nulla. La mente è la totalità -- non che stia dando una descrizione peculiare della mente --, la totalità delle vostre esperienze, e la totalità dei vostri pensieri. Come stavo dicendo ieri, non ci sono pensieri che potete rivendicare come vostri. Non ci sono esperienze che potete indicare come vostre. Senza la conoscenza voi non potete avere esperienze. Ogni volta che sperimentate qualche cosa, attraverso queste esperienze la conoscenza cresce ed è fortificata. È un circolo vizioso. Va avanti all'infinito. La conoscenza vi dà esperienze, e le esperienze  fortificano la conoscenza che avete. Le vostre domande sono frivole, perché ogni domanda è nata dalla conoscenza. Se c'è una risposta alla domanda, non è necessariamente la vostra risposta. Tutte le risposte sono le risposte che sono state accumulate attraverso i secoli. C'è la totalità della conoscenza che è stata accumulata. L'accumulo di conoscenza, l'accumulo di esperienze, sono tutti là presenti. Voi li state usando per comunicare con voi stessi e per comunicare con gli altri.
 
Non esiste una cosa come la mia mente o la vostra mente. Ma c'è una mente che è la totalità di tutti i pensieri e le esperienze di tutti gli esseri umani che sono esistiti fino a questo momento. Se vi viene fornita una risposta ad una domanda, questa risposta dovrebbe mettere fine alla domanda stessa. Il fatto è che le risposte datevi dagli altri, quelle che vi siete fabbricati da voi, e le risposte date da quegli uomini saggi che ci sono in questa sorta di mercato dello spirito oggi, o che sono esistiti nel passato, non sono realmente le risposte.
Ogni risposta che vi do non è la vera risposta, perché la risposta dovrebbe porre fine alla domanda. Se la domanda è frantumata, anche tutta la conoscenza che è responsabile per la domanda deve andarsene.
Chi fa la domanda non ha reale interesse in nessuna risposta, perché la risposta farebbe esplodere tutto quanto, non solo le poche cose che avete conosciuto in questi 30 o 40 anni, ma tutto quello che è stato accumulato fino ad oggi, ogni cosa che ogni uomo ha pensato e sentito e sperimentato fino a questo punto dove la domanda finisce. La risposta, se c'è una risposta, spazzerebbe via ogni cosa.
 
D: Stavo pensando alla disperazione che mi coglie quando sto per raggiungere quello stato di vuoto.
 
U.G.: Si, ma assumiamo per un momento che c'è disperazione (tu dici che c'è una grande disperazione), hai fatto qualche cosa per liberarti dalla disperazione? La chiami disperazione allo stesso modo in cui usi le parole, vacuità e vuoto. Ma non c'è disperazione lì. I filosofi esistenzialisti hanno costruito un struttura filosofica tremenda che loro chiamano disperazione, le persone religiose la chiamano disperazione divina -- sono tutte frasi senza senso. Non siete mai venuti realmente in contatto con quella che chiamate disperazio ne, perché in voi c'è solo il tentativo di volervi liberare, in qualche modo, da quella cosa che chiamate "disperazione". Voi non lasciate che quella disperazione agisca. Quella sarebbe "l'azione" della quale io sto parlando, ma mentre parlo è ancora la vostra conoscenza che interpreta ciò che dico.
Dov'è la disperazione? Non è nella sfera del vostro pensiero. Dovrebbe essere qui nell'ambito del vostro corpo. Dov'è quella disperazio ne di cui parlate? Se cercate di scappare, fuggire dalla disperazione, significa che non c'è realmente disperazione lì in voi. La sola cosa che vi interessa è essere liberi dalla disperazione. Perché voi pensate che non vi stia soffocando, non vi stia strozzando. La disperazione dovrebbe distruggere il vostro tentativo di liberarvi. Voi non lasciate nessuna possibilità alla disperazione di agire. Vi interessa solo trovare una soluzione, una via di uscita da questo vicolo cieco.
Questo è tutto ciò che c'è lì. Gli date un nome e la chiamate disperazione. Voi non siete disperati. Voi non agite come una persona disperata, parlate solo di queste cose: disperazione, vuoto, vacuità. Non è realmente vuoto. Se ci fosse il vuoto quello sarebbe l'azione della vita. Ora voi mi chiederete "Cos'è la vita?" Se definisco la vita siamo persi. Quello che intendo con vita è ciò che rende possibile al vostro essere rispondere, non reagire, ma rispondere  agli stimoli attorno a voi. Se non c'è la vita, voi diventate cadaveri.
Un corpo morto va avanti a rispondere, ma in modo diverso. Questo è il perché voi la chiamate vita. La vita non è altro che il pulsare, il palpitare, il respirare della vita. Questa è anche una definizione. C'è un pulsare, un respirare, un palpitare della vita. Sta palpitando ovunque, dappertutto, ogni cellula nel vostro corpo sta palpitando. Questo è ciò che è la vita. Ma noi non stiamo parlando di quella vita, perché nessuno può dire niente circa essa, eccetto tentare di dare una definizione. Potete chiamarla forza della vita, questo, quello e quell'altro, ma vivere implica tutti gli altri problemi che la così detta vita crea.
 
Così nasce una domanda "Come?" Come vivere? Questo è realmente il problema. Il problema di tutti i problemi, è come vivere. Per secoli ci hanno fatto il lavaggio del cervello per farci credere "Questo è il modo in cui si deve vivere". Se non siete soddisfatti trovate un altro modo e dite "Quello è il modo di vivere". E così andate avanti all'infinito. Tutto ciò è un nonsenso perché non vi ha dato la pace.
C'è una battaglia costante dentro di voi, una guerra. Questa guerra è responsabile per la mancanza di pace nel mondo. Anche assumendo per un momento che la guerra dentro di voi finisca, e che voi siate in pace con voi stessi, le cose non cambierebbero, perché vedete, un uomo che è in pace con se stesso diventa una minaccia per chi gli sta vicino. C'è il pericolo che egli vi liquidi. La domanda principale è: potete fare finire questa guerra dentro di voi? c'è qualche modo? Tutte le soluzioni che avete sono loro stesse responsabili per questa battaglia -- che trae origine dalla domanda "Come vivere?" Quel "come" deve andarsene. Ora voi mi chiederete "Come può andarsene quella domanda" "Puoi aiutarci?" Prima di tutto voi non siete convinti di ciò che sto dicendo. Non siete ancora arrivati al giusto grado di disperazione. Solo a quel punto potrete trattare con la disperazione. Finché voi cercherete la libertà dalla disperazione, non vi sarà possibile affrontarla. Ci possono essere centinaia di soluzioni, ma non potete provarle tutte. Ovviamente tutto ciò che avete provato è stato un fallimento, così dite che siete disperati. Quella disperazione agirà. Qual'è l'azione? Quell'azione non sarà mai all'interno della struttura del vostro pensiero. Ogni azione che è all'interno di quella struttura, o che è prodotta dal vostro pensiero, aumenter&agrav e; inevitabilmente la disperazione. Forse vi potrà dare qualche sollievo temporaneo, ma voi vorrete sempre di più. Questo fa andare avanti le cose, e nutre la speranza. La speranza è qui, e voi dite: la situazione è senza speranza. La situazione non è senza speranza. La speranza è qui ora, perché la disperazione è là.
Voi sperate di risolvere il problema, di gestirlo, di trattarlo, volete trovare se esiste un modo per liberarvi dalla disperazione. Invece di lasciarla agire, voi state provando a fuggire da quella disperazione, state cercando se c'è qualche possibilità di liberarvi da essa. Questo si applica a tutte le situazioni nella vita. Sia che siate bloccati nelle vostre frustrazioni, cosa che voi chiamate disperazione, o altro. Cosa volete fare in questa situazione? Dovete trovare una soluzione da voi stessi. Se io vi suggerissi un altra  soluzione sarebbe come le centinaia di soluzioni che avete già. Voi aggiungereste il mio suggerimen to alla vostra lista di soluzioni. Questo non vi aiuterebbe a risolvere il problema. Lo renderebbe solo più difficile. Così avreste una soluzione in più. Se c'è una soluzione, quella deve venire da colui che sta provando a liberarsi, e non da un agente esterno. Quell'azione è qualche cosa di straordinario. Se riuscite a risolvere il problema della disperazione, tutti gli altri problemi saranno risolti, perché ogni problema è una variante degli altri. Voi non volete risolvere i problemi. Vi interessano maggiormente le soluzioni.
Io continuo a ripeter le stesse cose, più volte, in modi diversi. (Il mio vocabolario è limitato così devo usare le stesse parole. Voi potete aumentare il vostro vocabolario e trovare nuove frasi, ma non serve a nulla). Lo strumento che state usando, cioè il pensiero, non può accettare il fatto che questi problemi possano essere risolti qui e ora, in quanto ha avuto bisogno di così tanto tempo per costruire ciò che siete. Voi state vivendo in un mondo costruito con le vostre esperienze e ci sono voluti così tanti anni per voi per essere come che siete.
Questo (il pensiero) è il solo strumento che avete. Non ne avete altri per trattare questi problemi. E il pensiero non può concepire la possibilità di trovare una soluzione che agisca qui e ora. E' sempre interessato a spingere la soluzione sempre più lontano nel tempo. C'è sempre un domani. Ci vuole sempre tempo. Siccome il vostro pensiero funziona solo nell'ambito del tempo, non può concepire la possibilità che esista qualche altra forma di azione fuori dal tempo. Non sto parlano in termini metafisici. La soluzione se c'è, deve essere qui ed ora. Se siete affamati, la fame deve essere soddisfatta. Se non potete soddisfarla, vi brucerà. Questa è una situazione spaventosa per voi, così vi accontentate delle briciole rappresentate dalle soluzioni che la gente vi dà. Mentre siete in attesa di qualcuno che vi dia una montagna di pane, o qualcuno che con un miracolo moltiplichi il pane. Ma ciò non succederà. Non c'è una fame reale lì. In realtà non volete risolvere questi problemi perché vi trovereste senza problemi.
Il tentativo di risolvere i vostri problemi è poi ciò che vi da forza ed energia. Quando, finalmente, avete raggiunto il vostro obbiettivo, quello che vi rimane è la frustrazione. Anche nell'atto sessuale, che costituisce un momento così importante nella vita di ogni individuo, è la preparazione, la tensione che prepara l'atto, ciò che vi attrae. Quando la tensione è al massimo, il corpo richiede un rilascio della tensione, e questo rilascio voi lo chiamate piacere. Il corpo chiede che sia rilasciata questa tensione che avete creato. Questo rilascio voi lo chiamate orgasmo, o comunque vogliate chiamarlo. Così c'è un tremendo sollievo. Cosa rimane dopo questo? Un vuoto. Tutte le azioni funzionano allo stesso modo. Voi accrescete la tensione e questa tensione richiede una  distensione. E' la richiesta per l'estensione di quell'agonia che voi chiamate piacere. Non è un piacere, ma è il rilascio della tensione. Voi lavorate duramente per raggiungere i vostri obbiettivi; e dopo che li avete raggiunti siete esausti, siete sfiniti, il fascino è finito per voi. Lavorare per qualche cosa, costruire tutte queste tensioni -- questo è tutto ciò che vi interessa. Quando avete raggiunto l'obbiettivo, quello non vi interessa più. Così iniziate con qualche cosa d'altro. Voi non volete realmente essere senza problemi. Siete voi stessi il  problema. Se non avete problemi, li create. La fine dei problemi, è la fine di voi. Così questi problemi resteranno per sempre. Se il problema finisce, anche voi finite con esso. Settanta, ottanta, novanta, cento anni -- dipende da quanto lunga sarà la vostra vita -- e per tutto il tempo la speranza vi accompagnerà.
Non è un punto di vista pessimistico, è un punto di vista realistico. Non vi sto dando soluzioni. Vi prego, guardate ai vostri problemi, se potete. Non potete separare voi stessi dal problema. Il problema è creato dal suo opposto. Perché vi sentite scontenti prima di tutto? perché sentite questo malcontento? È a causa della meta che vi siete preposti. È quello che crea il suo opposto. Potete capirlo da voi stessi, non devo essere io a dirvelo. State sempre pensando: "Devo essere come quello, devo essere in questo modo o in quell'altro e non lo sono". E quel pensiero ha creato il suo opposto. Se uno va, anche l'altro scompare.
Un uomo che abbia raggiunto questo stato, non può essere un'uomo di successo, non può neanche essere un uomo sensibile, non sensibile nel senso che la cultura dà al termine. È un tipo diverso di sensibilità. Più inseguite questi ideali che la società o la cultura hanno posto davanti a voi, più resterete esattamente l'opposto. E voi sperate che un giorno, attraverso qualche miracolo, o attraverso l'aiuto di qualcuno, qualche Dio, qualche guru, voi riuscirete a risolvere il problema. -- Non c'è speranza. Non posso creare la bramosia in voi! Come posso farlo? Se voi aveste questa bramosia, vi guardereste attorno e scoprireste che tutto ciò che vi è offerto non vi soddisfa. Se siete soddisfatti con le briciole, va bene. Questo è ciò che i guru stanno facendo, vi  tirano qualche briciola, come fa la gente con i cani al guinzaglio.
 
Gli esseri umani sono come gli animali, non sono diversi. Se accettiamo questo, avremo maggiori possibilità di agire come esseri  umani.
 
D: Quando diventa possibile per l'uomo agire come un essere umano?
 
U.G.:  Quando l'uomo cessa di inseguire l'ideale di perfezione.

IL CORAGGIO DI ESSERE SE STESSI Dialoghi in Amsterdam tra U.G. e alcuni amici
Titolo originario: "The courage to stand alone"
Tratto dai nastri di: Henk Schonewille
Trascritto in internet da: Ellen Chrystal
Traduzione di: Piazza Pierluigi
Supervisione: J.S.R.L.Narayana Moorty








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