venerdì 12 aprile 2013





Una volta ho sentito dire di un saggio che, tra i pochi oggetti che possedeva, aveva un bicchiere di vetro. Era un regalo di qualcuno che conosceva e lui lo utilizzava ogni giorno e, dopo averlo utilizzato, lo puliva pazientemente in modo che tornasse ad essere lucido e trasparente. Era un bicchiere di vetro stampato, abbastanza comune a dirla tutta, ma al saggio piaceva. In particolare si divertiva a guardare i riverberi di luce che produceva quando un raggio di sole lo colpiva. Quando succedeva il saggio sorrideva.
Dopo molti anni il saggio lo urto sbadatamente ed il bichiere cadde a terra frantumandosi in mille pezzi.
Lui raccolse i pezzi, li gettò via - al giorno d'oggi avrebbe fatto la raccolta differenziata - e cominciò ad usare la tazza.
Senza smettere di sorridere.
Per lui il bicchiere era sempre stato rotto perciò quando si ruppe non si sorprese.
Non era cinico: semplicemente sapeva che la natura del bicchiere, il suo stesso essere - di vetro - implicava il fatto di potersi rompere prima o poi.
Era consapevole della verità.
Conosceva la verità.
La verità che nulla permane.
Se il bicchiere è già rotto non puoi dispiacerti.
Se sei morto non puoi morire.

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