Giovanni morì per mano di Erode.
Gesù per mano di Ponzio Pilato.
Che sapeva perfettamente cosa stava facendo e lo
dimostra il fatto che scrisse di suo pugno il motivo
della condanna: quello era il re dei giudei, che si era
ribellato ai Romani e che quindi meritava di morire.
Tra altri zeloti, traditori e terroristi come lui. O
patrioti e partigiani, se preferisci.
Morì e fu sepolto ma, al contrario di quanto ti hanno
detto, non resuscitò dopo tre giorni bensì dopo
qualche anno e per opera di uomo. E poi di nuovo
dopo tre secoli per opera di un imperatore.
Saulo di Tarso, era uno di quegli uomini nuovi che
stavano cercando di crearsi un loro posto nel mondo
della Palestina romana. Era un rampante che si era
subito schierato dalla parte dei nuovi arrivati perché
era convinto che grazie a loro anche un ebreo nato
fuori da Israele, che per nascita non aveva nessuna
speranza di fare strada all'interno dell'amministrazione
ebraica e che per diffidenza aveva seri problemi a
inserirsi in quella romana fuori dalla Palestina,
avrebbe potuto crearsi una posizione di spicco nella
società. Era quindi naturale che andasse a cercare
fortuna a Gerusalemme dove trovò collaborazionisti e
invasori impegnati a combattere la resistenza che
aveva fatto cerchio intorno al cadavere di Gesù e a suo
fratello Giacomo, anche lui nazireo, che si stava
impegnando a prendere il posto lasciato
improvvisamente vuoto dal fratello maggiore. Sul
posto riuscì presto a ritagliarsi uno spazio tutto suo
coordinando il pool di polizia politica che era stato
messo insieme per sradicare dall'interno la ribellione.
Era un modo di operare del tutto nuovo che si basava
su soffiate di delatori e infiltrati insospettabili e che
sortì effetti veramente sorprendenti. Paolo, come
preferiva farsi chiamare fuori dalla Palestina, era un
organizzatore insuperabile e si applicava con una
professionalità ed una sistematicità impersonale che
era allora sconosciuta in quel campo dove
l'ispirazione, la collera e la reazione dominavano
incontrastate. Con i suoi sistemi aveva già quasi del
tutto sradicato l'assai flebile organizzazione di
Giacomo, tanto da costringere i più stretti
collaboratori di Gesù a spostarsi nelle città più
lontane, quando successe qualcosa che cambiò la sua
vita e con lei tutta la storia occidentale.
Sto parlando della visione sulla strada per Damasco,
hai presente?
Paolo cade da cavallo, si trova avvolto da una luce
abbagliante da cui proviene una voce tuonante che si
presenta come quel Gesù che lui perseguita. Paolo
rimane cieco, prosegue per la città e la casa che la
voce gli ha indicato dove viene curato e dove entra in
quella comunità che stava cercando di rintracciare. In
breve guarisce, gira quasi tutto il mondo antico e lo
converte alla nuova fede.
Chiaro?
Ovviamente tutto questo lo dice lui stesso.
Paolo si stava rendendo conto di una cosa: anche se
avesse completamente sradicato la ribellione e
l'organizzazione esseno-zelota, non avrebbe mai avuto
sensibili avanzamenti di carriera. La nuova elite
religiosa che si era incistata sul capo di Israele, e che
l'avrebbe guidato fino al disastro, era assai gelosa del
nuovo status raggiunto e si era precipitosamente
richiusa a riccio dopo aver occupato tutte le poltrone
che si erano liberate così inaspettatamente, e che forse
erano nel loro mirino da sempre. Il nuovo arrivato,
forse poco più giovane di Gesù stesso, non poteva
aspirare a qualcosa di più di quel posto che si era
inventato, un posto che inoltre non era nemmeno tanto
prestigioso perché, in fin dei conti, era sporco del
sangue dei propri fratelli. E per gli ebrei questo era
comunque uno dei peggiori delitti.
Avrebbe forse potuto divenire amministratore di
qualche comunità di ebrei all'estero ma di certo il
grande giro gli sarebbe stato precluso per sempre.
Anzi, forse già sentiva puzzo di bruciato intorno a lui:
in fin dei conti mentre lapidava e torturava i capi del
partito nazionalista era esposto al pari di tutti ad
attentati e ritorsioni senza contare le invidie dei suoi
stessi colleghi.
Inoltre Paolo aveva dovuto iniziare a comprendere la
reale forza del messaggio di quel Gesù che forse
aveva conosciuto, a differenza di quanto asserisce
negli scritti che ha dettato. Sicuramente aveva assistito
ad abbastanza interrogatori, sotto tortura o meno, da
essersi convinto che soprattutto i più poveri ed umili
che lo avevano seguito erano rimasti profondamente
colpiti dal suo messaggio e si erano intimamente
persuasi della veridicità del suo insegnamento. Ne
erano così convinti da affrontare la lapidazione e
quindi la morte come un premio alle loro fatiche e,
nello stesso tempo, la massima offerta presentabile
sull'altare del tempio.
Oltretutto quel tipo era morto e il corpo era andato
disperso nei disordini che erano seguiti alla sua
esecuzione.
E qualcuno già parlava di resurrezione: non aveva
potuto evitare la sua morte ma avrebbe risuscitato il
suo corpo, come altri raccontava di avergli visto fare
con quello di molti altri.
Probabilmente già negli ultimi tempi, prima di partire
per Damasco, per finire la sua opera con le persone
più vicine a Gesù fuggite chissà dove, iniziò a
ragionare sulla reale potenza dell'insegnamento di
Gesù e si rese conto che, se lo avesse unito con la
naturale paura della morte, avrebbe avuto in mano
l'arma definitiva. Del resto quello aveva già parlato
del regno, del regno di Dio, e così via: non c'era che
farvi coincidere la promessa della vita eterna, concetto
del tutto sconosciuto agli ebrei ma non ignoto nelle
antiche fedi mediorentali, ed ecco che il messaggio
diveniva dirompente e sicuramente vincente.
Talmente vincente da poter divenire una vera e
propria religione, se fosse riuscito a sfrondarlo da tutti
gli attributi ebraici che ancora portava appiccicato ai
bordi della tunica, che avrebbe voluto sempre più
Paolo, che non avrebbe fatto strada nella gerarchia
ebraica, divenne santo e vero fondatore di una nuova
religione, quel Cristianesimo al quale Cristo stesso
non era mai appartenuto.
Per evitare i capi del movimento iniziò la sua azione
in Asia minore, nelle città di lingua e cultura greca ma
con grande presenza ebraica, dove, dopo l'iniziale
diffidenza, riscosse un successo talmente travolgente,
soprattutto tra gentili ed accoliti, ché venne richiamato
con urgenza a Gerusalemme da Giacomo e Pietro. I
due, però, pur deplorandone i metodi e persino i
contenuti della predicazione, rispettivamente non
vollero e non poterono riuscire a contrastarlo, anzi di
fatto lo aiutarono a trasformare quello che non era
niente di diverso dall'ebraismo tradizionale in un
qualcosa di decisamente diverso, molto più appetibile
ai gentili e facilmente esportabile.
Pietro si uniformò e si portò dietro la parte più pratica
del partito, gli attivisti, che si concentrarono intorno ai
due nuovi leader migrando lentamente verso occidente
per stabilirsi infine a Roma, nel ventre della bestia.
Giacomò non si uniformò e fu costretto ad un nuovo
esilio dopo la distruzione del tempio e della città,
perpetuando per qualche secolo la memoria del
fratello, lui che non era mai ruscito ad eguagliarne la
personalità, fino a perdersi tra le altre leggende del
deserto.cfr. Giovanni Vannucchi, Buone Notizie cit., pp. 170-175.
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