sabato 28 dicembre 2013



"12 Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? 13 Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! 14 Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. 15 Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. 16 Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17 ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. 18 E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19 Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini."
 1 Corinzi 15, 12 -19
Se Cristo è risuscitato dai morti, dice Paolo, deve per forza esistere la risurrezione dai morti: se ha funzionato per lui può funzionare per tutti noi. Se non esistesse la risurrezione dai morti allora nemmeno Cristo sarebbe risuscitato. In questo momento poco conta che molti narravano come, prima di essere stato risuscitato, lui stesso avesse fatto risuscitare molti morti e poco conta che a compiere tale prodigio siano stati anche Pietro ed altri Apostoli. No, a Paolo interessa la resurrezione finale, perché sa bene che quei risuscitati prima o poi sono comunque morti: quella di Cristo, operata dal Padre stesso, è invece a titolo definitivo.
Se i morti risorgono Cristo è risorto e se Cristo è risorto come negare la resurrezione.
Entrambe le affermazioni sono da provare ma se si fa dipendere l'una dall'altra si rafforzano vicendevolmente.
Probabilmente Paolo stesso si deve essere reso conto della debolezza di una dimostrazione del genere, imitando la quale si potrebbe dire che se io provengo dal pianeta Kripton allora posso volare, perché se non potessi volare come farei a dire di provenire da Kripton? Per ovviare a questo l'apostolo offre quella che mi è sempre sembrata la prova della sua stessa mancanza di fede, o per meglio dire: la dimostrazione di quello in cui consisteva in realtà la fede che lui proponeva.
Lui dice:  ...ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.  E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.
Mi sono sempre chiesto perché Paolo abbia scritto una cosa del genere.
Se Cristo fosse morto sulla croce come un uomo qualsiasi, decomponendosi poi  nel sepolcro come faremo prima o poi noi tutti, avrebbe meno forza e meno valore il suo insegnamento? La raccomandazione di amare il proprio prossimo, di non giudicare, di amare i propri nemici e via dicendo, sarebbe da osservare solo in quanto chi ce l'ha detto è risorto dai morti e adesso siede alla destra del padre?
Tutto questo sarebbe, come dice lui, vano, per il fatto che Cristo sia stato un semplice essere umano?
E' ovvio che no.
Paolo dimostra chiaramente che tutto questo gli interessa solo nella sua ottica oltremondana.
La fede di cui parla è la fiducia nella risurrezione, nella vita che lo aspetta dopo questa. La fede che gli fa dire che se Cristo non fosse risorto "...voi siete ancora nei vostri peccati", perché per lui non conta tanto il sacrificio quanto il premio, la risurrezione, che dimostra che trale sacrificio funziona. In questo modo anche tutti gli uomini che soffrono potranno sperare di avere un risarcimento, un riscatto, alla loro sofferenza terrena.
Per questo aggiunge:  ... Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
 E' evidente in cosa consista la fede di Paolo: la vita dopo la morte.
Non contano davvero l'amore, la carità, la fratellanza, la pace se non in funzione di quel traguardo finale, senza il quale essi stessi non hanno nessun senso, anzi sono addirittura vani.

Paolo, in questo, riassume quasi 3000 anni di tradizioni religiose mediorentali, in cui il sacerdote chiede e la divinità concede, ovviamente in cambio di qualcosa. Ciò che ora chiede la divinità di Paolo non è più un sacrificio cruento in termini di vite umane, piuttosto che di agnelli, capretti o colombe: il Dio di paolo chiede il sacrificio della propria vita in cambio della vita eterna. 

Io credo, invece, che il messaggio di Cristo sia valido a prescindere dalla promessa di una vita eterna ed anche a  prescindere dalla sua supposta divinità.
Il messaggio di Cristo, per quanto ne conosciamo, ha valore in se stesso, per quello che é.
Se Cristo non è risuscitato dai morti, il suo messaggio rimane comunque immortale, nonostante tutto quello che Paolo ed i suoi successori hanno tentato e tentano di fare.

 


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