Meditazione Islamica |
il Sufismo
II Sufismo (forse dal termine arabo suf, che indica l'abito di lana grezza indossato dagli asceti musulmani) è un movimento religioso islamico diffusosi a partire dal IX secolo specialmente fra i sunniti.
I mistici sufi, attraverso la meditazione e l'ascesi, aspirano all'unione con Allah. La componente panteistica insita nelle loro dottrine ha procurato loro l'accusa di eterodossia: nel 922, a Baghdad, fu giustiziato il sufi al-Hallaj, colpevole di avere proclamato la propria identità con Dio. Per merito di Al-Ghazali (1058-1111), filosofo e mistico persiano, il sufismo potè riconciliarsi con l'Isiam ortodosso.
Le dottrine sufiche trovarono la loro espressione più significativa nelle opere dei poeti persiani Gialal al-Din Rumi (1207-1273) e Hafìz (1320-90 ca), oltre che negli scritti dello stesso Al-Ghazali. Il sufismo è senza dubbio la corrente più esoterica e mistica della religione islamica. Vivendo in una perfetta adesione all'istante presente e in un accettazione incondizionata della realtà intesa come manifestazione di Dio, i santi e i saggi sufi pervengono alla più alta realizzazione spirituale annullandosi nella divinità: il sufismo è la via che porta dall'individuale all'universale. Il sufi intrattiene una relazione di elezione {walayat) con la divinità: il sufi entra in comunione spirituale con essa attraverso un lungo cammino di ascesi spirituale {maqamat) da compiersi sotto la guida di un maestro in grado di trasmettere al discepolo uno stato di benedizione soprannaturale {baraka). Secondo il sufismo ogni epoca è illuminata dalla nascita di un Maestro dotato della natura di "uomo perfetto" (qutb), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato dell'annientamento in Dio (fana),dell'esistenza tramite Dio e della conoscienza. Il qubt del sufismo, a differenza dell imam degli sciiti, non dipende da una particolare linea di discendenza famigliare e non appare come figura isolata nel contesto della sua epoca: rappresenta, piuttosto, il vertice di tutta una gerarchla di maestri venerabili, dotati di facoltà e poteri analoghi ai suoi. I sufi, infatti, venerano come santi, non solo i qubt, ma anche numerosi maestri del passato, personaggi santi estranei alla loro dottrina e gli imam degli sciiti!
Il sufismo è organizzato attorno a comunità monastiche che osservano il celibato e la regola della povertà, svolgono pratiche di umiliazione pubblica di sé e la ripetizione di formule di invocazione a Dio. Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia.
Fra le principali confraternite sufi attive dal XII secolo si annoverano quelle dei marabutti e dei senussi (Africa settentrionale) e quelle dei dervisci di cui parleremo diffusamente nel prossimo paragrafo.
Le dottrine sufiche trovarono la loro espressione più significativa nelle opere dei poeti persiani Gialal al-Din Rumi (1207-1273) e Hafìz (1320-90 ca), oltre che negli scritti dello stesso Al-Ghazali. Il sufismo è senza dubbio la corrente più esoterica e mistica della religione islamica. Vivendo in una perfetta adesione all'istante presente e in un accettazione incondizionata della realtà intesa come manifestazione di Dio, i santi e i saggi sufi pervengono alla più alta realizzazione spirituale annullandosi nella divinità: il sufismo è la via che porta dall'individuale all'universale. Il sufi intrattiene una relazione di elezione {walayat) con la divinità: il sufi entra in comunione spirituale con essa attraverso un lungo cammino di ascesi spirituale {maqamat) da compiersi sotto la guida di un maestro in grado di trasmettere al discepolo uno stato di benedizione soprannaturale {baraka). Secondo il sufismo ogni epoca è illuminata dalla nascita di un Maestro dotato della natura di "uomo perfetto" (qutb), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato dell'annientamento in Dio (fana),dell'esistenza tramite Dio e della conoscienza. Il qubt del sufismo, a differenza dell imam degli sciiti, non dipende da una particolare linea di discendenza famigliare e non appare come figura isolata nel contesto della sua epoca: rappresenta, piuttosto, il vertice di tutta una gerarchla di maestri venerabili, dotati di facoltà e poteri analoghi ai suoi. I sufi, infatti, venerano come santi, non solo i qubt, ma anche numerosi maestri del passato, personaggi santi estranei alla loro dottrina e gli imam degli sciiti!
Il sufismo è organizzato attorno a comunità monastiche che osservano il celibato e la regola della povertà, svolgono pratiche di umiliazione pubblica di sé e la ripetizione di formule di invocazione a Dio. Grande importanza è attribuita alla musica e alla poesia.
Fra le principali confraternite sufi attive dal XII secolo si annoverano quelle dei marabutti e dei senussi (Africa settentrionale) e quelle dei dervisci di cui parleremo diffusamente nel prossimo paragrafo.
Rumi e i dervisci ruotanti.
I dervisci (dal persiano darwish, mendicante, povero) sono i membri di alcune confraternite sufìche, diffuse soprattutto in Turchia e in Iran che si propongono l'unione mistica con Dio mediante l'ascesi e la danza. Alcuni dervisci conducono un'esistenza nomade, mentre altri vivono in monasteri e sono dediti alla preghiera e all'ascesi; non mancano, infine, confraternite di dervisci laici, che celebrano i loro riti in pubblico con intento spettacolare: durante le cerimonie gli adepti raggiungono l'estasi mistica con tecniche suggestive e imnressionanti come, per esempio, infìlandosi aghi nel corpo o camminando sulle braci. Per quanto si richiamino direttamente a Maometto, le confraternite dei dervisci si svilupparono in epoche successive: al 1165 risale la fondazione della scuola dei "dervisci urlanti" così detta per le invocazioni rivolte a Dio in stato di esaltazione; al XIII secoloquello dei dervisci mevievi, famosi come "dervisci ruotanti", fondato dal già citato poeta mistico persiano Gialal al-Din Rumi, i cui membri cercano l'estasi mistica disponendosi in cerchio e ruotando freneticamente su se stessi. La città santa di Konya, in Turchia, è teatro del sama estatico dei dervisci rotanti: dal 1273, anno della morte del loro fondatore, ogni 17 dicembre festeggia la ricorrenza con musiche e balli. Nella loro vertiginosa danza, accompagnata dalsuono del flauto e dei tamburi, essi si tolgono il mantello nero, simbolo dell'oscuro mondo in cui l'anima è prigioniera e cominciano a ruotare senza posa facendo perno su un piede. La mano destra, spalancata verso il cielo, accoglie la grazia divina; la mano sinistra, rivolta verso terra, trasmette l'energia celeste al mondo mortale. Il cappello cilindrico simboleggia invece la pietra tombale che l'iniziato desidera deporre sulle passioni terrene. Lo scopo della danza {dhikr) è generare uno stato di estasi rituale e accelerare il contatto tra la mente del derviscio e la divinità di cui egli si considera parte.da http://www.parousia.it/meditislam.asp